La Presentazione della Vergine al Tempio di Massimo Stanzione – Giugliano in Campania, Santuario della Santissima Annunziata
La tela, raffigurante la Presentazione della Vergine al Tempio, 1618, olio su tela (307×216,5 cm), appartiene alla decorazione del cassettonato ligneo, riccamente intagliato, del santuario della Santissima Annunziata di Giuliano in Campania (NA).

È riconosciuta dalle fonti, che la datano al 1618, al pittore Massimo Stanzione e costituisce un tassello fondamentale dei suoi esordi. L’opera dà conto delle radici stilistiche del pittore e della formazione del suo linguaggio artistico. Nella struttura equilibrata della composizione si intravvedono richiami all’attività di Fabrizio Santafede, suo maestro putativo, mentre la costruzione plastica delle figure e l’uso del chiaroscuro testimoniano l’assimilazione delle innovazioni introdotte nell’ambiente partenopeo da Michelangelo Merisi da Caravaggio – presente a Napoli tra il 1606 e il 1607 e tra il 1609 e il 1610 -, filtrate attraverso l’esempio di Battistello Caracciolo.
A seguito del grave dissesto strutturale del cassettonato ligneo avvenuto nel 2001, la tela fu interessata da importanti fenomeni di degrado e ricoverata presso i depositi di Palazzo Reale di Napoli della Soprintendenza. I danni principali furono causati dal notevole carico meccanico del guano di piccione depositato sul retro della tela e dalla formazione conseguente di lacerazioni e corrosioni della fibra tessile del supporto e dalle estese e diffuse cadute di strati pittorici.
Tali problemi di natura conservativa rischiavano di compromettere la stabilità della materia pittorica; pertanto, nel 2024 si è proceduto ad un intervento di restauro finanziato dal MiC che ha consentito di arrestare i fenomeni di degrado in corso e di restituire leggibilità al testo pittorico originale.
Una complessa campagna diagnostica ha permesso di individuare l’esatta natura degli agenti patogeni e individuare le cause del degrado. Il dipinto, infatti, già in tempi remoti, presentava enormi lacune degli strati pittorici, oggi verosimilmente riconducibili al fenomeno di saponificazione dei grassi costituenti la preparazione. È stato possibile anche individuare le sostanze soprammesse non coeve che testimoniano almeno 4 interventi precedenti, l’ultimo documentato tra il 1997 e il 2000.
Il restauro si è, dunque, concentrato sul trattamento biocida, sulla rimozione delle colle, della tela da rifodero, delle stuccature e della vernice, procedendo poi al consolidamento del supporto e degli strati pittorici. La foderatura ha permesso di restituire planarità al supporto per poi procedere con gli interventi di pulitura della pellicola pittorica e di rimozione delle estese ridipinture, diffusamente effettuate anche sulla tela, in assenza di stuccature. Nel riscontrare la presenza di una ricostruzione pittorica particolarmente antica e fedele all’originale che ricostruiva il brano centrale delle figure di S. Anna e del volto della Vergine, si è deciso di conservarla riconoscendone il valore storico e filologico.
La scelta delle mancanze da stuccare e integrare cromaticamente è stata guidata dal criterio di minimo intervento nel rispetto del carattere ormai frammentario dell’opera. Pertanto, si è provveduto a chiudere le lacune di piccola e media entità che consentissero la restituzione di brani pittorici poco compromessi, per non rischiare di effettuare un’interpretazione arbitraria con una ricostruzione delle grandi mancanze.





Ultimo aggiornamento
12 Maggio 2025, 15:54