Emergono campi arati e una necropoli preromana dagli scavi di Via Fucci a Pompei
Nell’ambito dei lavori di “Ammodernamento della Circumvesuviana e degli Interventi di compatibilizzazione urbana della linea ferroviaria del Comune di Pompei”, la realizzazione di un parcheggio interrato in Via Fucci, alle spalle della stazione ferroviaria di Pompei Santuario, ha portato all’individuazione di livelli di frequentazione precedenti alla deduzione coloniaria romana, in una zona ubicata a circa 400 m ad E da Porta Sarno del Parco Archeologico di Pompei.
Data:
2 Agosto 2024
Nell’ambito dei lavori di “Ammodernamento della Circumvesuviana e degli Interventi di compatibilizzazione urbana della linea ferroviaria del Comune di Pompei”, la realizzazione di un parcheggio interrato in Via Fucci, alle spalle della stazione ferroviaria di Pompei Santuario, ha portato all’individuazione di livelli di frequentazione precedenti alla deduzione coloniaria romana, in una zona ubicata a circa 400 m ad E da Porta Sarno del Parco Archeologico di Pompei. Il dato più interessante, emerso durante il sopralluogo congiunto del 22 luglio, tra la Soprintendenza ABAP per l’area Metropolitana di Napoli, nella persona del Soprintendente arch. Mariano Nuzzo e del Funzionario Archeologo dott.ssa Simona Formola, insieme al Direttore Generale EAV (Ente Autonomo Volturno srl) dott. Umberto De Gregorio, al Coordinatore delle opere civili del Consorzio Ferroviario Vesuviano dott. Ing. Mario Barbati e al Sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio, e presentate oggi 2 agosto 2024 in conferenza stampa, è il rinvenimento di una necropoli preromana, che copre un arco cronologico che va dal III al I sec. a.C., costituita, allo stato attuale delle conoscenze, già da 35 sepolture. Si tratta di inumazioni in semplice fossa terragna, a semicappuccina o con copertura di anfore (tutte di importazione nord-africana, alcune con bolli in lingua punica, e posizionate in alternanza collo/puntale, in numero ricorrente di 7), caratterizzate dalla presenza di pochi oggetti di corredo (unguentari e monete essenzialmente) e da un ottimo stato di conservazione dei reperti osteologici grazie proprio all’immersione delle sepolture nell’acqua di falda, che ha consentito di avviare una campagna di indagine pale-antropologica sui resti.
A seguito di questi eccezionali rinvenimenti, il Soprintendente ha dichiarato “la necessità di proseguire ed ampliare ulteriormente l’area di indagine per completare il quadro conoscitivo della necropoli e delineare la fisionomia del paesaggio antico che caratterizzava il suburbio orientale di Pompei, di cui ancora poco si conosce. Grazie all’archeologia preventiva e all’azione sinergica tra Soprintendenza, Comune ed EAV, che ha consentito di condividere procedure ed obiettivi, si stanno raggiungendo risultati importanti nell’ambito della tutela e valorizzazione di un territorio di rilevanza cruciale dal punto di vista storico ed archeologico. Contiamo di condividere a breve nuovi dati dal prosieguo degli scavi”. L’area in cui doveva essere realizzata l’opera, per la quale l’allora Soprintendenza di Pompei aveva espresso parere favorevole già nel 2007, riconfermato dalla Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei nel 2009 e nel 2010, era stata già interessata da indagini preliminari, soprattutto carotaggi geoarcheologici e trincee, in ragione del rinvenimento dei livelli del 79 d.C. a profondità superiori ai 6 m dall’attuale piano di campagna ed immersi in falda. Scavi recenti, a partire dalla primavera del 2023, sotto la direzione della Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Napoli, hanno poi confermato la presenza di estesi campi arati perfettamente conservati sotto la spessa coltre di pomici della grande eruzione vesuviana del 79 d.C.: un sistema di solchi e porche antiche orientati in senso N-S ed impostati direttamente sui livelli protostorici, con coltivazione prevalenti ad ortaggi, che rifornivano ogni giorno i mercati pompeiani, prossimi al percorso dell’antico Fiume Sarno, che doveva essere molto più vicino alla città di quanto non appaia oggi. Sono in corso analisi dei macroresti e polliniche al fine di caratterizzare nel dettaglio il tipo di ortaggio coltivato, sebbene le dimensioni dei resti superficiali, la tipologia di distribuzione e le dimensioni degli apparati radicali, lascino già ipotizzare campi coltivati a piante pluriennali di carciofi. Realizzate le opere di contenimento, grazie all’utilizzo di pompe idrovore, sono stati eseguiti saggi di controllo a circa -7.50 m dal piano di campagna in corrispondenza dei sottoservizi funzionali all’autorimessa. Qui è stato individuato un canale, paleoalveo di origine antropica con andamento N/S all’interno del quale si è raccolto materiale di natura diversa pertinente a contesti funerari probabilmente devastati: centinaia di frammenti di tegole, un grosso quantitativo di frammenti di dolia e anfore, una ventina di columelle in pietra lavica locale – divelte in antico ed accumulate nel canale già in fase antecedente all’imposta dei campi arati romani –, tegole con bolli in lingua osca, reperti lignei di notevoli dimensioni. Si segnala il rinvenimento di una testa femminile in tufo grigio campano con tracce di colore rosso nell’acconciatura dei capelli. È probabile che il canale, caratterizzato per lo più da materiali pertinenti a contesti funerari devastati, sia da riferire al riassetto territoriale di età sillana, avvenuto dopo la deduzione coloniaria di Pompei nell’89 a.C. Le indagini sono tuttora in corso, così come le analisi archeobotaniche e paleoantropologiche, in un’ottica di documentazione multidisciplinare del contesto archeologico che sta restituendo una messe di dati di assoluto interesse
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Ultimo aggiornamento
2 Agosto 2024, 18:41